giovedì 20 maggio 2010
Le risate di Guruji
L’intensità della gioia e dell’energia che abbiamo vissuto in questi giorni rende inverosimile che tutto sia accaduto in un così breve tempo. Guruji è arrivato a Jesolo venerdì pomeriggio ed è ripartito lunedì mattina, ma la Sua presenza ha come sempre dilatato la nostra percezione del tempo, e le emozioni vissute hanno reso indimenticabile ogni minuto trascorso al Villaggio Marzotto.
Le “grandi manovre” sono iniziate mercoledì, con l’arrivo a Jesolo di Shankari, Dakshini, Revati ed io. E subito sono iniziati i contrattempi che così spesso contraddistinguono l’avvicinarsi di Guruji: ogni occasione è buona per il Divino per metterci alla prova ed insegnarci qualcosa…Durante il satsang di sabato sera Guruji ha risposto ad una domanda concernente le prove che Dio ci dà, quanto grandi e difficili possono essere…Ebbene sì, il Divino ci pone sempre davanti a delle prove, e ad ognuno le sue. E così l’arrivo di Dakshini e Revati direttamente dalla Germania è stato contraddistinto da una bella prova di pazienza a stento superata.
L’arrivo a Jesolo è previsto per le 14.30, al massimo le 15, ma alle 17 non era giunta ancora alcuna telefonata che segnalasse il loro arrivo. Stanche di aspettare, Shankari ed io ci avviamo verso Jesolo centro e nel contempo chiamiamo Dakshini. La chiamata ci permette di scoprire che i due sono arrivati a Jesolo da un bel pezzo e che avendo Dakshini cancellato “per sbaglio” il mio numero di cellulare, non avevano potuto avvisare del loro arrivo. A nulla erano valsi i numerosi sms inviati ai ragazzi dell’ashram per ritrovare il mio numero del cellulare italiano: inspiegabilmente tornava come messaggio il numero del cellulare tedesco. Ma questo scoglio era ormai superato: erano arrivati e noi stavamo andando a prenderli. Arrivati in piazza a Jesolo scopriamo che Dakshini e Revati non ci sono. No problem: richiamiamo. I due si sono avviati a piedi. Li elogio per la loro voglia di camminare: Jesolo centro ed il Villaggio Marzotto distano assai. Sicura di aver inteso che stanno tornando indietro, aspettiamo. Dopo 10 minuti sorge il dubbio. Richiamo. No, in effetti non stanno tornando, ma si sono fermati lì dove sono, aspettando noi. Benissimo, no problem, li raggiungeremo noi. Sono proprio dietro l’angolo della stazione delle corriere, ci dicono, vicino alla chiesa. Giriamo i dintorni della stazione, ma di chiese neanche l’ombra. Chiediamo indicazioni e finalmente ci viene indicata una chiesa. Saliamo in macchina e ci avviamo, per scoprire ben presto che la chiesa è all’interno di una zona pedonale. Dopo aver fatto arrabbiare un “nonno vigile”, Shankari cerca un parcheggio che naturalmente non si trova; decido di scendere e fare un bel pezzo di strada a piedi. Arrivo davanti alla chiesa, e mi trovo nel mezzo di un foltissimo gruppo di bambini appena usciti da scuola. Di Dakshini e Revati neanche l’ombra. Li chiamo e gli dico che sono esattamente di fronte all’ingresso principale della chiesa. Loro pure. Forse non ci vediamo per via di tutti quei bambini. Quali bambini? chiede Dakshini. Sorge il dubbio: stiamo parlando della stessa chiesa? Dakshini scopre così che dire in Italia “siamo davanti alla chiesa” è come essere in una foresta e dire, a mo’ di indicazione, “siamo davanti ad un albero”.
La “loro” chiesa si chiama chiesa Santa Maria e di bambini neanche l’ombra. Cerco di scoprire il nome della chiesa che ho di fronte ma sembra l’unica chiesa in Italia senza nome. Nessuno lo conosce. Dakshini afferma che la chiesa è grandissima, impossibile non vederla. Viste le dimensioni modeste della chiesa che ho di fronte, capisco che qualcosa non quadra. Riprendiamo la macchina, chiediamo indicazioni per la chiesa Santa Maria e ci avviamo. Le indicazioni ci portano fuori Jesolo. Richiamiamo Dakshini e le chiediamo di leggere il nome della via più vicina. Siamo fornite di cartina, non possiamo sbagliare. A quanto pare sono in una zona a cui non è stato dato il nome ad alcuna via, perché ci dicono che non vedono nessuna targa. È ormai trascorsa un’ora, e la pazienza comincia ad incrinarsi. Tremo nel fare la domanda ma è necessario farla: siete sicuri di essere a Jesolo??? Sììììì, afferma convinta Dakshini, siamo a Gesolo (versione germanica di Jesolo). Bene, almeno questo! Nel frattempo mi chiamano dal Villaggio Marzotto per motivi organizzativi e io ne approfitto per chiedere a qualcuno di loro dov’è la chiesa Santa Maria. La terza persona con cui parlo mi fornisce delle indicazioni e così scopriamo l’inghippo: i ragazzi non sono a Jesolo ma a Jesolo Lido. Li richiamo e sollevata li avviso: abbiamo capito dove siete, stiamo arrivando! Posso sempre giustificarmi affermando che quel “stiamo arrivando” era basato sulla concezione italiana del tempo. Sarebbero passati altri 40 minuti prima di arrivare alla fatidica chiesa. Ci avviamo quindi verso Jesolo Lido e, cartina in mano, ci dirigiamo verso la piazza indicataci. Dopo 15 minuti di girovagare ci domandiamo se la piazza esiste veramente. Jesolo Lido non è Milano…
Dopo aver rasentato la soglia dell’arrabbiatura, subentra la disperazione. Siamo in macchina da quasi 2 ore, alla ricerca di due germanici dispersi a Jesolo; ho un nodo alla gola e sento le lacrime salirmi agli occhi; Shankari si fa prendere da un attacco di isteria e comincia a ridere a più non posso.
Parcheggiamo la macchina e meditiamo sul da farsi. Ci sfiora l’idea di lasciare i ragazzi al loro destino e tornare al Villaggio, ma karmicamente non ci sembra vantaggioso quindi decidiamo di chiedere ancora indicazioni. Un signore molto gentile ci dona 5 minuti del suo tempo per spiegarci dov’è la chiesa più vicina, per scoprire subito dopo che non è la chiesa che cerchiamo. Noi cerchiamo la chiesa Santa Maria. Aaaah, esclama il buon uomo, quella chiesa è da tutt’altra parte. Chi l’avrebbe mai detto? Nella nostra ingenuità avevamo creduto, per un nano secondo, che fossimo vicini alla meta. Il buon uomo ci segna la via sulla cartina e, incredibile ma vero, dopo 5 minuti di macchina scorgiamo i due dispersi, sconsolatamente appoggiati ad una balaustra di fronte ad un’immensa chiesa. Sconvolte ma pur sempre rispettose dei divieti stradali, piombiamo con la macchina sul sagrato della chiesa (pure zona pedonale); dopo i doverosi saluti carichiamo i due e ci avviamo verso il Villaggio. Le spiegazioni saranno lunghe ed ognuno cercherà di portare acqua al proprio mulino, ma la prima frase che esce dalla bocca di uno dei due è esaustiva e definitiva: questo è tutta colpa di Guruji! Inutile dire che gli altri presenti supportano e condividono l’affermazione. Ormai sappiamo come funzionano le cose: ogni passo della nostra vita è una prova, ma quando c’è di mezzo Guruji il “divertimento” (Suo) è assicurato.
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